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a cura di Ermanno


Arte & Comunicazione

L’oscuro equilibrio

n. 94
21 settembre 2009
(data di pubblicazione sul sito)



Peggy Guggenheim in una foto d’archivio



Si è sempre dato per scontato che Venezia è la città ideale per una luna di miele, ma è un grave errore. Vivere a Venezia, o semplicemente visitarla, significa innamorarsene, e nel cuore non resta più posto per altro. Così, la collezionista newyorchese Peggy Guggenheim, scomparsa all’età di 81 anni nel dicembre del 1979 a Camposampiero, località ubicata nella provincia di Padova, sintetizzava il suo amore per la Serenissima, dove trascorse buona parte dell’esistenza. Il personaggio della Guggenheim, da sempre attento alle esigenze di giovani autori emergenti nel comparto arte, è stato ottimamente caratterizzato nel film Pollock (2000), diretto e interpretato da Ed Harris, grazie alle doti recitative dell’attrice statunitense Amy Madigan, mentre sul palcoscenico del teatro di Broadway è toccato a Mercedes Ruehl in Woman Before a Glass evidenziarne le spiccate attitudini.

In esclusiva per L’Angolo del Webmaster, la giornalista e redattrice Silvia Ferrara firma un vigoroso portrait della donna che aveva fatto del mecenatismo una ragione di vita, contribuendo ad alimentarne l’alone di fascino. (I.D.)


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Cerca di proteggere l’arte del tuo tempo”.
Poche, semplici parole riempiono la prima pagina di un diario ritrovato in un piccolo scrigno dopo il naufragio del celebre Titanic.
Due iniziali sono incise con maestria: “P.G.
Suo papà, Benjamin, durante la notte del naufragio, di ritorno negli Stati Uniti, perde eroicamente la vita lasciando alla piccola Peggy un monito che le segnerà il destino.
Laurence Vail, celebre dadaista, fa innamorare Peggy di una particolare forma d’arte che si esprime in imponenti sculture e collage.
Nel 1922 diventeranno marito e moglie.
Vail nel romanzo “Murder! Murder!”, descrive la sua vita tempestosa con Peggy che ricorda il libro come "una specie di satira sulla nostra vita insieme e nonostante fosse alquanto divertente alcuni passaggi su di me mi offesero".
Le parole scritte nel diario da suo padre sembrano rincorrere la giovane donna.
L’arte la circonda in ogni forma.
Presto si ritrova a frequentare la Parigi bohémienne degli espatriati americani.
Benché resti sempre in buoni rapporti con Vail, lo lascia nel 1928 per l'intellettuale inglese John Holms, che sarà il grande amore della sua vita.
Eroe di guerra, Holms, non riesce più a scrivere per un infortunio invalidante ma di lui sembra leggere tra le parole del diario dedicato a Peggy.
Incontrerai un uomo straordinario”.
Purtroppo Holms morirà ancora giovane nel 1934.
L’amore più grande per Peggy è sempre l’arte, così una sua amica, pochi anni dopo la sua vedovanza, la incoraggia ad aprire una galleria d’arte a Londra.
A quarant’anni, la giovane donna inizia una carriera che influenzerà in maniera significativa il corso dell’arte contemporanea.
Marcel Duchamp le presenterà negli anni successivi molti pittori, ma la “crociera artistica” la porterà ad essere soprannominata “musa dei Surrealisti”.
Il termine “crociera” compare molte volte tra le parole del diario di Peggy e nel 1959 ecco un sogno diventare realtà. La collezionista di opere farà un lungo viaggio con Paolo Barozzi, discendente di una delle famiglie nobiliari veneziane più antiche, conosciuto un giorno grazie alla mano del destino a Venezia, sul ponte di San Moisé.
Poche parole, subito però una grande intesa che li spingerà in Grecia con la profonda curiosità di conoscersi meglio. Molti sono i racconti di Peggy, i suoi amori, i presunti amanti, la rocambolesca vita parigina, i trionfi delle sue gallerie a Londra, New York, non per ultima, Venezia.
Lei fuggiva, lui era in cerca di qualcosa.
Molte sono le gallerie e le esposizioni proposte da Guggenheim; nel 1941, allontanatasi prima da Londra e poi dalla Francia, ritornerà nella città nativa di New York, dopo aver aiutato parecchi artisti a lasciare l’Europa, come Max Ernst che in seguito diventerà un suo ennesimo consorte.
L’inquietudine, un bisogno irrefrenabile d’amore e “la ricerca della sua arte” rendono Peggy particolare, paragonabile ad una tela dei “suoi”artisti.
Finalmente nel 1942 inaugurerà il museo “Art of This Century”.
Durante la serata inaugurale, celebre la frase: "Indossai un orecchino di Tanguy e uno di Calder, per dimostrare la mia imparzialità tra l'arte surrealista e quella astratta".
La sua vita era un viaggio “in equilibrio” tra i vari stili artistici ma la sua prima personale è dedicata al cubismo-surrealismo di cui redige un famoso catalogo grazie ad André Breton, e con una copertina disegnata da Ernst.
Organizza inoltre mostre temporanee dedicate ai maggior artisti europei e molti americani tra cui Robert Motherwell, William Baziotes, Mark Rothko, David Hare, Janet Sobel, Robert de Niro Sr, Clyfford Still, e soprattutto Jackson Pollock, la stella della galleria, cui viene dedicata la sua prima personale nel novembre del 1943.


la sede della Collezione Peggy Guggenheim a Venezia


Collezione Peggy Guggenheim


Peggy ama Venezia.
Barozzi diventerà suo fedele accompagnatore, segretario, promotore di artisti e, con il passare del tempo, la “guardia del corpo”, dedicandosi ad una sua nuova passione: la scrittura.
Tra il 1964 e 1975 la preziosa collezione viene esposta in varie occasioni all'estero: alla Tate Gallery di Londra, a Stoccolma, New York, Parigi, e anche in Italia, a Torino. Importante è soprattutto la mostra a New York, nel 1969, al Museo Solomon R. Guggenheim di New York.
È in quell'occasione che Peggy Guggenheim decide di donare il Palazzo Venier e le opere d'arte alla Fondazione Solomon R. Guggenheim.
Ad un anno della sua scomparsa, il 12 maggio 2008, è stata presentata al Palazzo Venier dei Leoni, una interessante mostra di Robert Rauschenberg, dai natali statunitensi.
Le 40 sculture appartengono agli anni 1986-95, quando l’artista, ormai maturo, sembrava forse più interessato di un tempo ai ciclici destini cui il nostro pianeta sembra inevitabilmente destinato.
Assemblando oggetti vari, soprattutto materiali di scarto raccolti nelle stazioni di benzina, pezzi di automobili abbandonate e altri rifiuti industriali deleteri per l’ambiente, l’artista texano crea altorilievi e sculture che ricordano i suoi primi Combines.
Il titolo della mostra temporanea è curioso: “The Gluts”.
L’artista ha commentato così: “Penso ai Gluts come a souvenir privi di nostalgia. Ciò che devono realmente fare è offrire alle persone l’esperienza di guardare le cose in relazione alle loro molteplici possibilità”.
Nell’anno del centenario della pubblicazione del Manifesto del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti, il museo rende inoltre un doveroso omaggio al movimento artistico d’avanguardia dal titolo "Capolavori Futuristi alla Collezione Peggy Guggenheim".
Lo speciale allestimento, curato da Philip Rylands, nelle sale espositive permanenti del museo mette a fuoco un percorso tra le opere futuriste della Collezione Gianni Mattioli, a cui si aggiungono dipinti, sculture e opere su carta provenienti dalla Collezione Peggy Guggenheim e da collezioni private.
La leggenda a Venezia continua.
Ci sono molte pagine vuote nel diario di Benjamin, un po’ per l’acqua del mare, un po’ per lasciare spazio da riempire ai posteri che sempre la ricorderanno con affetto e ammirazione.


Silvia Ferrara

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